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martedì 1 maggio 2012

Un mese in Giappone


Un mese esatto dal mio arrivo in Giappone.
E’ passato addirittura un mese, 30 giorni netti, 30 giorni e 30 notti vissute in Giappone!!!
Forse non me ne rendo ancora conto ma il sogno sfumato di ragazzino si sta definendo come una realtà concreta e tangibile. Sono qui, ci sono, e da ben 30 giorni!!!

A qualcuno l’avrò detto di sicuro, la mia più grande paura, prima di partire, era che il Giappone non mi piacesse, una volta arrivato là. La mia paura era di vivere 90 giorni in una prigione stretta e angusta fatta di una cultura incomprensibile, gesti bizzarri e una lingua che sapevo appena comprendere...!

“Beh, sono sopravvissuto per 7 giorni in Corea pur non conoscendo il coreano a parte dire -buongiorno- e nulla più...” mi ripetevo con veemenza.

E’ strano ma, nonostante questi pensieri, non ero affatto teso le settimane prima della partenza. Elettrizzato. Beh, io sono un poco apatico di mio quindi la cosa non mi sorprendeva più di tanto... Elettrizzato ma non troppo, ecco. Curioso. Viaggi mentali continui su come sarebbe stato, se le mie tutor sarebbero state simpatiche anche dal vivo, se le avrei capite, se avrei capito le altre persone intorno a me, se... se... se...!

E in men che non si dica arrivò il giorno della partenza e partii... Bologna-Roma, poi diretto Roma-Osaka.

Tutto filò liscio, il viaggio fu stancante ma non troppo, mi guardai due film in aereo, mangiai, ascoltai musica... Sceso dall’aereo l’aeroporto era normale, sarebbe potuto essere Osaka, Tokyo, Bangkok o Parigi... Quando però arrivai al nastro trasportatore delle valige notai accanto al macchinario un omino occhi-a-mandorla dotato con una solerzia stakanovista che prendeva tutte le valige dal nastro e le posizionava in fila ordinatamente sul pavimento! Ecco, quella era la prova che ero arrivato in Giappone!!!

Seguii le indicazioni che il mio amico mi aveva dato e lo incontrai a 梅田・Umeda da dove abbiamo preso il treno per 石橋・Ishibashi, dove lui abitava.
I primi giorni li passai con lui che grazie al cielo non aveva altro da fare e mi introdusse gradualmente alla vita giapponese che all’inizio trovavo incomprensibile, quasi ne ero intimorito.
La seconda sera mangiammo たこ焼き・takoyaki a casa con l’altro coinquilino giapponese, Nobu, e una sua amica sempre giapponese. Il mio giapponese era arrugginito, non avevo avuto tanto tempo per riprenderlo le settimane precedenti e non riuscivo a capire alcun discorso quando parlavano in giapponese. Più che altro mi concentravo sul non scottarmi con le polpette di polipo bollenti in modo allucinante. E qualche sorrisino.
Tre giorni a Osaka in cui entrarono nel mio cervello una mole di informazioni tali da congestionarlo. La stessa mole che poi si dipanò nei giorni seguenti a Kochi permettendomi di comprendere appieno tutto quello immagazzinato in quei tre intensi giorni.

Dopo il terzo pomeriggio assurdo, variegato da tempeste di vento a 180 km/h e ritardi della metro, giunsi alla stazione degli autobus ove incontrai i miei compagni di viaggio, molti di loro ancora perfetti sconosciuti...

E poi si arrivò tutti insieme a Kochi dove ci raggiunse l’ultimo componente del gruppo. Eravamo finalmente tutti e 10.

Non voglio tediarvi oltre i dovuto, per le cronache giornaliere rimando ai link a destra dove troverete dettagliati racconti su quanto fatto. Ora mi concentro su altro.

All’inizio la mia paura era: “cultura incomprensibile, gesti bizzarri e una lingua che sapevo appena comprendere”, così scrissi poco fa, vediamo di analizzare come andò la faccenda.

La cultura non era incomprensibile, era solo agli antipodi della nostra. Faccio qualche esempio di differenze culturali nella vita quotidiana che ho notato e mi hanno colpito:
  • -          Il cliente è il re e viene sempre salutato all’entrata con un “irasshaimase” (benvenuto) a voce altra e definita anche se il commesso sta parlando con altre persone.
  • -          Quando si paga la commessa prende i tuoi soldi dicendo a voce alta quanto ha ricevuto e contando davanti a te il resto porgendotelo con una mano sotto all’altra per evitare di perdere monetine.
  • -          Infine ti ringrazia e tu non devi farlo, mai dire grazie ad un commesso, non ce n’è bisogno.
  • -          Se lascio l’ombrello nel cestino della bici ne trovo tre come in Italia? No, ne trovi uno, il tuo. Immancabilmente.
  • -          Le bici girano per strada? No, si gira solo sui marciapiedi, belli larghi e con strisce per i non vedenti anche nelle strade più periferiche o nascoste.
  • -          Il senso di marcia è contrario rispetto al nostro: si sta sulla sinistra e si sorpassa a destra. Il volante è a destra, i pedali sono come i nostri.
  • -          Non esiste il caffè espresso, solo caffè annacquato schifoso.
  • -          La pizza è diversa. Totalmente.
  • -          La pasta si trova ma costa di più. Il grana costa come il caviale in Italia.
  • -          Al supermercato è tutto diverso: al banco frigo dove noi abbiamo le millemila carni diverse troviamo sì, carne, anche se differenti tagli rispetto alla nostra, e tantissime varietà di sashimi e sushi.
  • -          La birra costa al supermercato come al bar, 2 euro a lattina.
  • -          Il sakè costa poco.
  • -          Ai combini si trovano sempre “bento” a 400 yen di media che valgono come un pranzo completo e buono.
  • -          Gli onigiri ormai sono parte essenziale della mia vita, costano circa 1 euro ce ne sono di tanti tipi.

Non mi viene in mente altro^^!

Gesti bizzarri? I giapponesi si inchinano spessissimo, e per ogni cosa chiedono すみません“sumimasen” (scusa). Cultura molto umile ed interessante. Bisogna sempre capire quando dire “sumimasen” o 有難う“arigatou” o “fare solo un inchino” o un bel 失礼します“shitsurei shimasu” (mi scusi per la scortesia).

Per tutte queste cose ci si abitua col tempo!

Infine quella che pensavo fosse una lingua incomprensibile è risultata una lingua “comprensibile” che si è affinata sempre più con le continue conversazioni dapprima con le mie tutor, poi con le altre tutor, poi con i prof, poi con altre conoscenze giapponesi che piano piano ci stiamo facendo.

Che altro dire... C’è tanto da studiare ma il tempo per divertirci le troviamo eccome! Ora siamo in vacanza, la settimana definita “golden week”. Ci riposiamo. Meritatissimo riposo.

In definitiva il Giappone è ogni giorno più interessante, non ne sono più spaventato e lo adoro più di come lo adoravo nei miei sogni! In un mese penso di essermi abituato alle abitudini base dei giapponesi. Il cibo è buono. Totalmente diverso ma buono, sono soddisfatto.



Adesso mancano due mesi (un mese e mezzo di lezioni più 10 giorni di viaggio), fino ad adesso è stato un crescendo esponenziale di emozioni e belle sensazioni, speriamo che tutto ciò non cali!

じゃ、又今度 (alla prossima) :D

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